Da trent'anni allieta i bimbi con carousel e trenini: è Piazza Diaz, il "giardino delle giostre"
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lunedì 13 dicembre 2021
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di Mattia Petrosino - foto Nicola Velluso
In una città che da sempre fatica a trovare spazi per i più piccoli, questa area verde rappresenta infatti una “salvezza” per i bambini, che qui possono divertirsi con giochi senza tempo che continuano ad affascinare grandi e piccini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Una zona adibita a “parco” anche in occasione della sagra di San Nicola, quando su questa piazza (e sulla prospicente “rotonda” di Largo Giannella) vengono installate ulteriori giostre che vanno ad aggiungersi a quelle stabili.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Visitiamo il luogo in un giorno di festa, quello dell’8 dicembre. Nonostante il freddo invernale la Diaz è occupata da una decina di bambini, accompagnati da nonni e genitori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Con il mare da una parte e l’antico palazzo dell’Incis dall’altra, veniamo subito sorpresi da mille colori: dall’azzurro al rosa, dal rosso all’arancione. Dipingono le quattro giostrine presenti, tre delle quali sono di proprietà dei Quarta. Fu questa famiglia la prima a stabilirsi qui negli anni 90, ereditando il mestiere intrapreso negli anni 30 dai nonni Otello Livero e Dora Palmieri.
Eccoci davanti a una loro attrazione: l’intramontabile carousel, la giostra per eccellenza. Sulla piattaforma che ruota a suon di musica, sono montati cavallucci, macchinine, motorini, trenini e aeroplani. «Si tratta del gioco più gettonato – esordisce il 55enne Marco Quarta –. L’acquistai 25 anni fa dalla ditta Sartori di Montagnana, un comune in provincia di Padova. Funziona ancora benissimo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Mentre chiacchieriamo vicino al gabbiotto nel quale trovano posto gli esercenti, veniamo interrotti da una mamma che chiede al giostraio un giro per il suo piccolo Domenico. Il bimbo di appena 1 anno, aiutato dal papà, sale quindi sull’aeroplanino, stringendo tra le mani il bigliettino del “Quartaland”, nome di fantasia dato alle attrazioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Assieme a Domenico ci sono altri due “principini” seduti su una Ferrari rossa, oltre al sorridente Francesco, di 5 anni. Lui all’inizio decide di cavalcare il cavalluccio marrone per poi mettersi alla guida del pulmino dei vigili del fuoco assieme al fratellino Andrea, di 8 anni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Non vedevano l’ora di venire – sottolinea il nonno dei piccini –. Avevano saltato il giro di domenica scorsa a causa del maltempo e oggi quindi hanno preteso di essere condotti qua. D’altronde sono sempre contento di accompagnarli: mi fanno rivivere i momenti lieti in cui ero io a salire su questo carousel, ai miei tempi fatto di legno».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«È vero – conferma l’esercente –: prima la giostra era realizzata con quel materiale. Non essendoci poi i gruppi elettrogeni si faceva girare manualmente: ai lati vi erano infatti dei manici che servivano a dare la spinta in modo che il meccanismo ruotasse».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A occuparsi del trenino sui binari è invece la 53enne Teresa, sorella di Marco. A bordo, sul vagone di colore rosso con fermata Milano, vediamo divertirsi Edoardo, di 4 anni, seduto di fronte alla mamma.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Quest’attrazione vanta 40 anni di età – sottolineano gli esercenti –. Anche se una delle carrozze, quella con su scritto Bari, risale addirittura al 1967 e apparteneva ai nostri genitori Franco e Loredana. Loro nei mesi invernali si fermavano a Largo 2 Giugno, all’epoca spazio della città adibito ad ospitare il luna park itinerante».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Passiamo ora ai seggiolini volanti, meglio noti come giostra a catene: girano attorno a una colonnina centrale su cui vi sono disegnati alcuni puffi. A salirci è una bimba tutta sorridente con il suo fratellino Biagio, di 8 anni, in quel momento un po’ triste a causa del “sequestro” del telefono operato da sua madre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«I bambini non possono stare sempre al cellulare – afferma risoluta la mamma Annamaria –. Magari dopo aver passato un paio d’ore al "giardinetto delle giostre" capirà qual è il vero e sano divertimento».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La nostra attenzione viene infine attirata dal rumore di alcuni colpi. Proviene dal tiro a segno, di proprietà dei Masella, altra famiglia di esercenti presente però in piazza Diaz da soli quattro mesi. Il gioco è sovrastato da una grande scritta a neon che recita il nome di “Ghost rider”, il personaggio di un film. Dietro il bancone ci sono invece la 63enne Rosa e il suo nipotino Angelo, di 10 anni, aiutante della “truppa”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Mio marito lavorava come operaio di autoscontro – ci dice la donna –. Nel 1967 decise però di mettersi in proprio acquistando un tiro al bersaglio, da allora la nostra sola e unica giostra. È un gioco praticato sia dai bimbi sia dagli adulti, che sperano di riuscire a vincere un premio da regalare ai propri piccoli. Ho deciso di stanziarmi qui dopo anni di stancante girovagare, anche se devo ammettere che l’allegra confusione del luna park mi manca un po’».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Mentre parliamo vediamo avvicinarsi al bancone, da cui pendono peluche di ogni tipo, un nonno con il suo nipotino. È il bambino a impugnare la pistola ad aria compressa, pronto a buttare giù le lattine colorate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«La giostra è cambiata – ci spiega la signora –: prima si facevano cadere tubi di ferro leggero e non c’erano mica le “armi”, ma solo il lancio di una palla di pezza. Anche i premi erano diversi: se oggi vi sono pupazzi di velluto scadente, all’epoca il materiale era la piuma d’oca. E come dimenticare il “tira foto”. Si trattava di un cerchio con al centro una polaroid: se lo si colpiva la macchina scattava immediatamente una foto. Che bellezza e che nostalgia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Scritto da
Mattia Petrosino
Mattia Petrosino
Foto di
Nicola Velluso
Nicola Velluso
I commenti
- Vito Petino - Piazza Diaz, per noi ragazzini della prima metà degli anni 50 dello scorso secolo, era semplicemente la Pineta del Lungomare. In pratica trasformata in campo da calcio, su cui ognuno singolarmente si esibiva nel doppio ruolo di difensore e attaccante. Ogni giocatore sceglieva una panchina di cemento, la cui nicchia sottostante rappresentava la porta da difendere con ogni parte del corpo, meno che braccia e mani. Nello stesso tempo bisognava attaccare le porte-panchina dei compagni avversari in una gara non con due squadre contrapposte, ma di solisti, in cui ognuno come ho detto svolgeva il doppio ruolo di portiere senza gli arti superiori e attaccante delle altre porte-panchina. Toccando la palla con mani o braccia di subiva naturalmente il conseguente rigore, calciato da chi aveva visto il quel suo tiro interrotto dall'infrazione. Chi subiva 5 gol nella propria porta-panchina era eliminato. Gli ultimi due giocatori rimasti si disputavano il titolo di campione del giorno. Nella nostra Pineta disputavamo anche sfide normali fra due squadre di 7 giocatori ciascuna, con portiere, due terzini, due mediani e due attaccanti. Ma quasi sempre, senza tatticismi, ci si difendeva in 7, e in 6 si attaccava. La gara di solito si svolgeva fra classi della vicina Balilla, appena usciti da scuola. Cartelle e indumenti, come cappotti e giacche, ammonticchiati nei punti stabiliti fungevano da pali. Era il modo più spiccio di sfrenarci e divertirci con poco. Soddisfatti, un po' meno se sconfitti, e con un rosso salutare in viso si tornava felici a casa...